L’arte del tatuaggio giapponese
|L’origine dei tatuaggi in Giappone viene fatta risalire al periodo Yayoi (300 a.C. – 300 d.C.) e legata ad una connotazione negativa; i criminali ricevevano per punizione dei marchi ben visibili sulle braccia.
Successivamente, durante il periodo Edo, lo sviluppo della xilografia e la pubblicazione su larga scala della storia cinese dei 108 briganti, Suikoden (i protagonisti venivano raffigurati con tatuaggi di dragoni e tigri) i tatuaggi entrarono ufficialmente nella cultura del popolo giapponese.
Più volte nel corso dei secoli il tatuagio venne considerato appannaggio della criminalità locale, tanto che durante il periodo Meiji, quando il Giappone si aprì all’occidente, prescrizioni sociali nate direttamente da volontà imperiale bandirono i tatuaggi, nonostante gli artisti occidentali cercassero i maestri di tale arte, considerati fra i migliori al mondo.
La peculiarità del tatuaggio giapponese era quella di utilizzare il Nara, uno speciale inchiostro che da nero sottopelle cambiava colore fino a diventare blu-verde.
E’ nota inoltre l’idea secondo cui alcuni tatuaggi siano appannaggio della mafia giapponese, la Yakuza. Effettivamente dalla fine della seconda guerra mondiale, per coprire i simboli punitivi stampati sui criminali (un pò come succedeva millenni prima) la mafia locale decise di utilizzare il tatuaggio come simbolo di riconoscimento.
Anche oggi, molte terme e luoghi pubblici tradizionali proibiscono la presenza a vista di qualsiasi forma artistica sul corpo.